Un albero caduto, prima che diventi brace, trave, musica, deve essere raccolto. Nell’area est del parco di Levico terme, fortemente colpita da Vaia, abbiamo accatastato, con un semplice gesto, decine di tronchi centenari.
Lo sguardo di chi entra dall’ingresso sud-est del parco si
imbatte in un volume dorato, circondato da giovani alberi e dai monti della Valsugana. Tra un vecchio faggio rosso e un piccolo abete, decine di tronchi definiscono una massa all’interno della quale si scavano verso sud una nicchia che profuma di legno caldo e resina, mentre sul lato nord un’ampia alcova ombreggiata, come una quinta teatrale, evoca scene e interazioni possibili. I tronchi degli alberi centenari, tracce concrete e tangibili della tempesta, si dispongono uno sull’altro, uno accanto all’altro e dalla loro vicinanza si genera un volume che accoglie in sé nuovi spazi: intimi e dialettici, tattili, olfattivi e visivi. La catasta diventa così uno spazio abitabile, scenario di incontri, scambi, attese avvenimenti.